Nirvana – Il rock “sporco e arrabbiato” di Seattle

I Nirvana si possono considerare come i veri portabandiera del grunge, un genere che deriva dal termine gergale grungy, vale a dire sporco. Non a caso i Nirvana sono stati portavoce del politicamente scorretto sulla scena di Seattle, per poi sconfinare con il loro successo anche oltre oceano, imponendosi nel tempo e nello spazio. Il loro indiscutibile successo è stato raggiunto in tempi estremamente brevi, infatti la band ha all’attivo pochi album data la prematura scomparsa del leader, Kurt Cobain, morto nel 1994. Nonostante ciò, la loro musica è riuscita a trasformare l’alternative rock in un fenomeno di massa, anche grazie alle doti del frontman che è stato definito come un menestrello rabbioso, perfettamente in linea con l’apatia della generazione X. Inoltre, i Nirvana hanno preso ispirazione da diversi generi nella composizione della loro musica, tanto che a parti intense e rabbiose, se ne alternano altre delicate e melodiche che rendono le canzoni di questa band apprezzate anche dal pubblico extra grunge. Il sacrificio di Kurt Cobain ha sicuramente contribuito ad implementare il successo ed il mito che aleggia intorno alla band, ma di fatto l’impatto di una musica che racconta dolore, rabbia, tristezza ed apatia è innegabile ed indipendente da tutte le vicende esterne.

La band

Kurt Cobain ed il bassista Krist Novoselic oltre ad essere i padri dei Nirvana, hanno anche militato nella band sin dagli esordi. La batteria, invece, è stata assegnata dapprima a Chad Channing che è stato poi sostituito a causa della scarsa potenza sonora da Dave Grohl, con cui i Nirvana raggiungono il loro assetto finale. Il nome, scelto da Kurt Cobain, indica letteralmente la liberazione dal dolore, proprio perchè il leader inteneva optare per un termine che rimandasse a qualcosa di pacifico e benefico. Gli anni che vanno dal 1990 al 1992 sono quelli più importanti per la band, che raggiunge la vetta delle classifiche sfidando tutte le convenzioni delle etichette discografiche; rimane celebre l’esibizione agli MTV Awards fatta di lanci di bassi e di urla alle telecamere. L’ultimo album, In Utero, ebbe un ottimo successo, anche se non confrontabile con quello del precedente Nevermind, tuttavia portò con sè una profonda crisi in Cobain che nel marzo del 1994 si vide costretto ad intraprendere un percorso di disintossicazione dalle droghe. Dopo pochi giorni, tuttavia, fuggì dalla struttura di riabilitazione e venne ritrovato morto nel suo appartamento con un colpo di fucile alla testa.

I migliori successi

I brani con cui i Nirvana hanno fatto la storia sono davvero tanti, tuttavia quelli che più di tutti hanno segnato le generazioni passate e presenti sono estratti dall’album Nirvana. La prima traccia, Smell Like Teen Spirit può essere considerato come uno dei pezzi rock più famoso di tutti gli anni 90. Il brano è composto da soli quattro accordi, in cui si alternano rabbia e melodia, pace ed apatia al punto tale che il testo finisce per trasformarsi in un nonsense senza però mai sconfinare nello scontato; infatti non è più tanto importante quello che Cobain tenta di dire, ma il modo in cui lo fa, fondendo toni depressi e laconici a urla espressive e strazianti. Altro grande successo è Lithium, forse il vessillo della Generazione X, che tuttavia da molti è stata additata come la causa della mercificazione di Kurt Cobain, che è comparso su magliette e bandiere come un feticcio da sventolare.

Curiosità

Anche se l’intensità della loro musica è maggiore di qualsivoglia elemento esterno, c’è da dire che la storia dei Nirvana è avvolta tutt’oggi dal mito della morte di Kurt Cobain. Come spesso accade dopo il suicido è stata messa in atto una grande mercificazione della band, nel tentativo di vendere copie post-mortem e facendo passare in secondo piano la tragedia culminata nell’autodistruzione di Cobain. Rimane celebre la frase lasciata scritta prima del suicidio: “it’s better to burn out than to fade away“, ossia è meglio bruciare che svenire poco alla volta; si tratta di una frase di Neil Young, considerato a tutti gli effetti come un maestro da Cobain, che gli dedicherà non a caso un omaggio post mortem.

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