“Ok Computer” - Radiohead

Ok Computer - Radiohead

Per esempio mi piace Ok Computer, che non è solo un disco, ma è una pietra miliare, un vero e proprio spartiacque musicale. È contemporaneamente l’ultimo grande capolavoro del rock che veniva prima e il primo memorabile disco della musica che arrivò dopo.

Siamo nel 1997 e per la prima volta una macchina (un Computer IBM) ha battuto a scacchi quello che è ancora oggi considerato il miglior giocatore umano di tutti i tempi. Siamo nell’anno in cui, mentre il grunge sta già esaurendo la furia distorta che ha spazzato via l’eccesso di elettronica della seconda metà degli anni 80 e i suoni patinati di un certo pop rock, vanno in scena le battute finali della sanguinosissima guerra tra gli Oasis e i Blur per la conquista del trono del pop britannico.

Ed è in questo contesto che viene pubblicato Ok Computer, lavoro che permette ai Radiohead di distaccarsi completamente dai loro colleghi inglesi (salvando così Yorke e band dall’incubo di dover decidere di parteggiare per l’edonismo sfrenato degli Oasis o per la rabbia borghese dei Blur) grazie al suono avvenieristico che propongono e che attinge a piene mani dalla grande musica che fu. Si notano chiaramente le influenze krautrock dei Can, del progressive-rock dei Beach Boys di Pet Souds e di quello più barocco dei King Crimson o dei primi Genesis.

Si nota la voglia di sperimentare e manipolare il suono come avevano fatto decenni prima i Beatles in Sgt. Pepper's Lonely Hearts, un certo gusto pop futurista alla Devo e un pizzico di patetismo alla David Bowie. Il tutto è avvolto in atmosfere che ricordano quelle della parte centrale della discografia dei Pink Floyd. Ed è proprio ai Pink Floyd che i critici musicali accostano immediatamente il nuovo lavoro dei Radiohead. “Il nuovo The Dark Side of the Moon” scriveranno i più, accostamento azzeccato anche e soprattutto per il tema ricorrente in entrambi gli album: la perdita della capacità creativa dell'individuo per avere uno scopo nel mondo moderno.

Che Yorke e compagni volessero omaggiare i Pink Floyd è visibile anche nell’artwork firmato da Stanley Donwood e dallo stesso leader della band. Sono infatti presenti dei disegni stilizzati di due notissimi elementi floydiani: Algie, il maiale della copertina di Animals (opera distopica almeno quanto Ok Computer) e la stretta di mano tra gli uomini della copertina di Wish You Were Here (l'album che contiene la splendida Welcome To The Machine).

Ecco, mi piace tutto quello che sta citato qui.

P. S. c'entra poco, ma la guerra Oasis Vs Blur l'hanno stravinta i secondi.

Post dell'Autore

Articoli correlati

Vuoi pubblicare qualcosa?

Raccontaci di te e di cosa ti piacerebbe scrivere.
Siamo sempre aperti a collaborazioni con nuovi autori.

BluesHouse - Power of Music
Disclaimer

BluesHouse.it è un portale di informazione e non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato con periodicità non definita in base alla disponibilità dei propri redattori. Il blog desidera comunicare notizie inerenti al mondo della musica, ed ogni opinione espressa è propria del redattore che l’ha redatta. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. Tutti i video, le foto, le notizie ed i loghi citati o riprodotti da altri siti sono copyright dei rispettivi proprietari. Non si intende violare alcun copyright. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d’autore si prega di contattarci per la loro immediata rimozione. Ogni redattore si assume la responsabilità di ciò che redige, consapevole di dover sempre agire nel rispetto delle leggi vigenti. Nel caso in cui una critica mossa generi disagio, si prega di contattarci e provvederemo alla rimozione.