Fabio Concato: la storia di un grande jazzista italiano

Forse troppo sottovalutato, ma Fabio Concato è sempre stato un musicista con i fiocchi: la storia di un grande jazzista italiano.

Fabio Concato in concerto
Fabio Concato in concerto (Blueshouse.it)

Nato a Milano nel maggio del 1953, Fabio Concato proviene da una famiglia di musicisti. Il papà Luigi, infatti, era uno stimato jazzista, i nonni Nino e Augusta erano cantanti lirici. Appena ventenne, Fabio forma il gruppo cabarettistico I Mormoranti, insieme a Bruno Graceffa e Giorgio Porcaro. Le esibizioni nel celebre locale Derby di Milano gli procurano un contratto con la Harmony.

Con questa etichetta, Concato esordisce con l’album “Storie di sempre”, pubblicato nel 1977. Dopo la partecipazione ai cori della sigla del cartone animato “UFO Robot”, nel 1979 esce il secondo lavoro in studio, “Svendita totale”, per poi sciogliere il contratto con la Harmony e passare a Philips, per la quale registra “Zio Tom”.

La musica d’autore di Fabio Concato, un jazzista nascosto dietro un’anima pop

Concato nel videoclip Domenica Bestiale
Concato nel videoclip Domenica Bestiale (Blueshouse.it)

Se i primi tre album raccolgono un modesto riscontro di pubblico e di critica, è negli anni ’80 che inizia la fortuna per il cantante milanese. Trascinato dal singolo “Domenica Bestiale”, Fabio Concato partecipa al Festivalbar e scala le classifiche italiane. Il brano diventa presto un classico della musica italiana, nonché il cavallo di battaglia dell’artista.

“Domenica Bestiale” viene scelto come colonna sonora del film “Vado a vivere da solo”, con protagonista Jerry Calà e diretto da Mario Risi. Il disco del 1984, che porta il suo nome, “Fabio Concato”, è il maggior successo in carriera. Da questo vengono estratti numerosi singoli, come “Ti ricordi ancora”, “Tienimi dentro te”, “Sexy tango”, “Rosalina” e la popolare “Fiore di maggio”.

Del 1986 è l’album “Senza avvisare”, altro ottimo successo di critica e di vendite. Dagli anni ’90, la sua musica si sposta verso lidi più tipicamente pop, gli album “Giannutri”, trainato al successo grazie al brano “Speriamo che piova”, e poi il disco del 1992 “In viaggio”, “Blu” e ancora un altro omonimo lavoro “Fabio Concato”, dal quale viene estratto il celebre singolo “M’innamoro davvero”.

45 anni di carriera di Concato, artista raffinato ed elegante

Negli anni 2000, la popolarità di Concato inizia a calare, specie tra le generazioni più giovani, inoltre, il musicista appare sempre meno in tv e rilascia pochi album, come “Ballando con Chet Baker” nel 2001, “Tutto qua” nel 2012 e l’album di cover “Non smetto di ascoltarti”. Nel 2022, invece, riceve il premio Tenco, un riconoscimento donato a tutti gli artisti che hanno contribuito in modo significativo alla canzone d’autore.

Fabio Concato fa parte di quei cantautori che o piacciono o non piacciono, ma che trasmettono simpatia a tutti gli ascoltatori. Questo per via di una certa eleganza, del carattere discreto, di una delicata ironia che ha sempre contraddistinto la sua musica. Un musicista forse troppo sottovalutato, ma che ha dato tanto alla musica italiana, e un artista sempre attento alla cura del suono e alla finezza dell’arrangiamento.

La scuola, d’altronde, è quella classica, con influenze jazz, tanto che gli strumenti prediletti sono quelli ad arco e cordofoni, come violino, viola e violoncello, e i fiati, come il clarinetto o il flauto. Il tutto mescolato in squisite melodie pop. L’incursione jazzistica non è mai mancata nei lavori di Concato, sin dall’esordio, basti pensare all’ospitata dell’armonicista Toots Thielemans nel brano “Zio Tom”, allegato qui sopra, oppure alla presenza del pianista Stefano Bollani in una canzone come “Se non fosse per la musica”.

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