Aerosmith e il blues: l’album di debutto ricco di sonorità particolari

Come ogni band hard rock degli anni ’70, il blues è la radice di tutto, come testimoniano l’album di debutto e la carriera degli Aerosmith.

La band durante una premiazione
La band durante una premiazione (Blueshouse.it)

Gli Aerosmith sono una delle hard rock band più popolari del pianeta. Le loro hit, da 50 anni, accompagnano gli ascoltatori di tutto il mondo, i loro videoclip sfrenati, i megaconcerti, le apparizioni e i premi vinti su MTV, le milioni di copie vendute con ogni album. Vendite vere, copie fisiche vendute, non paragonabili a quelle di oggi, misere, e nemmeno paragonabili alle visualizzazioni o ai like, davvero risibili per importanza.

Gli Aerosmith hanno contribuito a portare l’hard rock nelle case degli ascoltatori, influenzando grande parte delle band nate più tardi (chiedere a Mötley Crüe e Guns N’ Roses). Sebbene, a livello temporale, siano uno dei gruppi nati nella seconda ondata hard rock, fanno parte del primo movimento hard rock americano. Il loro album di esordio, omonimo, uscito nel 1973, ha fatto scuola. Il primo passo di una carriera incredibile.

La carriera degli Aerosmith, il successo e l’amore per il blues

La copertina del primo omonimo album
La copertina del primo omonimo album (Blueshouse.it)

Se il primo hard rock appartiene alle band inglesi, con i padrini Black Sabbath, Led Zeppelin, Uriah Heep e Deep Purple, gli Aerosmith appartengono alla seconda ondata hard rock, quella americana, insieme a Blue Oyster Cult e Kiss, band che hanno esordito tra il 1972 e il 1974, a differenza della nascita dell’hard rock britannico, tra il 1968 e il 1970.

Tuttavia, la prima scintilla hard rock della storia, probabilmente, risiede proprio negli Stati Uniti, con l’album di esordio di una band tanto seminale quanto semisconosciuta, i Blue Cheer, il cui primo LP, “Vincebus Eruptum”, viene pubblicato nel gennaio 1968, ancor prima dei primi album di Led Zeppelin e Deep Purple, usciti qualche mese più tardi.

“Vincebus Eruptum” è un disco hard blues, dove la radice blues è predominante sul rock, e già da sé dimostra quanto il rock duro sia legato al blues. Bene, questo album influenza tutta la corrente hard rock dell’epoca, compresi gli Aerosmith. Nel 1970, il cantante Steven Tyler, il chitarrista Joe Perry, il bassista Tom Hamilton, il secondo chitarrista Brad Whitford e il batterista Joey Kramer, si uniscono per celebrare questo vincolo tra blues e rock.

La carriera di una delle band più popolari al mondo

Tre anni dopo, ecco l’esordio, “Aerosmith”, dalla bruttissima copertina, ma contenente brani davvero coinvolgenti. Si sentono le influenze dei Blue Cheer, ma anche dei Beatles, dei Rolling Stones (anche loro innamorati del blues), degli Yardbirds, Chuck Berry o dei Fleetwood Mac. La registrazione non è il massimo della qualità, ma il disco si ritaglia il suo spazio, specialmente grazie a due singoli leggendari: “Dream On” e “Mama Kin”.

Da questo momento, inizia una carriera che porta gli Aerosmith ai vertici delle classifiche, al successo planetario, alle vendite milionarie (In 50 anni di carriera, la band ha venduto oltre 150 milioni di album, 66 dei quali solo negli USA). Nel 1974 seguono le pubblicazioni di “Get Your Wings”, poi “Toys in the Attic” e “Rocks”, che suggellano lo status del gruppo.

Questi ultimi due lavori, solo negli Stati Uniti, vendono ben 15 milioni di copie, trainati da singoli come “Walk this way”, “Sweet Emotion”, “Last Child” e Back in the Saddle”. A proposito di “Walk this way”, 10 anni più tardi, nel 1986, il pezzo sarà riproposto in collaborazione con il gruppo hip hop Run DMC, aprendo le porte a nuove influenze musicali, unendo hard rock e rap e generando la prima forma di rap metal, che anni dopo sarà chiamata crossover.

Il successo, la crisi, le dipendenze, il ritorno in scena

Ma gli Aerosmith, solo con i primi lavori, gettano le basi anche per la nascita dell’hard rock americano degli anni ‘80, che sarà chiamato sleaze metal, a sua volta composto da sottocategorie, come lo street metal e il glam metal. È proprio la contaminazione tra hard rock, rock n’ roll e blues, il motore di questo genere musicale che, tra tra gli anni ’70 e ’80, conquista milioni di fedeli, per poi perdere la spinta negli anni ’90.

Alla fine del decennio, la band è devastata dalle droghe e dall’alcool, già da “Draw the Line”, del 1977, si capisce che gli eccessi stanno minando il rapporto tra i musicisti. L’ultimo lavoro degli anni ’70 si intitola “Night in the Ruts”, un buonissimo album, molto sottovalutato dalla critica, e che non vende tantissimo. Qui non sono presenti hit memorabili, nonostante la bontà dell’album.

La seconda fase di carriera e gli anni recenti, fino al tour di addio

È presente un pezzo, però, che è diventato strafamoso negli ultimi anni: “Remember”, bellissimo, stravolto in modo osceno per la piattaforma TikTok, come accompagnamento di video caricaturali. Gli anni ’80 iniziano male, il chitarrista Joe Perry se ne va, e la band rilascia “Rock in a Hard Place”, buon album, dalle influenze heavy, ma massacrato da tutti.

Perry rientra subito dopo, per il disco “Done With Mirrors” e gli Aerosmith ritrovano la via del successo, sfornando una serie di album iconici che vendono decine di milioni di copie, “Permanent Vacation”, “Pump”, “Get a Grip” (quest’ultimo arrivato a 20 milioni di copie), “Nine Lives” e “Just Push Play”.

Nel 2004, per celebrare i 30 anni di carriera, e per dimostrare il proprio amore per il blues, la band pubblica “Honkin’ on Bobo”, album di cover blues. Gli Aerosmith chiudono, almeno per il momento, la carriera, con il disco “Music from Another Dimension!”, e in questo periodo stanno portando avanti il tour di addio, chiamato “Peace Out”.

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