Il jazz ha dei sottogeneri che si distinguono per diverse categorie: com’è nato questo tipo di musica e che evoluzione ha avuto
La letteratura, la pittura e l’arte in generale è per l’uomo uno strumento utile ad esprimere i propri stati d’animo anche negativi. La musica non è da meno, anzi, forse è la principale. La dividiamo in genere, in base al ritmo e agli strumenti musicali che sono stati possibili anche grazie alla tecnologia, la cui evoluzione ne ha consentito la nascita di nuovi.
Una delle più triste attività dell’umanità è all’origine del jazz. Con la tratta degli schiavi, ossia ricchi europei che andavano in Africa e si impossessavano di persone da schiavizzare nelle piantagioni degli Stati Uniti, molti di essi hanno messo nelle note la malinconia causati dallo stato di schiavitù.
Il primogenito è il blues (leggi qui l’articolo sull’origine di questo genere) e da lì il jazz, con tutte le sue varianti. Se infatti il primo è possibile datarlo nell’Ottocento, il jazz è successivo e prende nome e forma nei prime decenni del ventesimo secolo.
Diversi elementi musicali hanno dato forma al jazz. La prima fonte sono i cosiddetti work-songs, canti di lavoro, in fusione con i spirituals e gospels-song, brani d’ispirazione religiosa. Non è un caso se molti interpreti di questi generi ancora oggi sono di pelle nera, discendenti dei primi cantanti e autori che hanno posto le basi del blues, del gospels e del jazz.
La componente principale del jazz è proprio il canto. Infatti gli strumenti simboli sono a fiato e il primo che viene in mente nell’immaginario collettivo è il sassofono. Successivamente prese una forma più ritmica e dunque divennero necessari l’impiego di piano e percussioni.
La caratteristica musicale è il sincopato, ossia lo spostamento dell’accento forte su quello debole. Dunque molto spazio alla musica e poco alle parole e ciò consente un’altra peculiarità: l’improvvisazione. I grandi spazi “vuoti”, per così dire, che si trovano negli spartiti jazz, vengono riempiti con inattese note, tipicamente con i fiati o il piano.
È possibile dividere il jazz in vari tipi: Hot jazz, quello di Luis Amstrong (1900-1971), che si basa sull’improvvisazione solistica. Sweet jazz, che ha un sound tipicamente più “occidentale”. Free jazz, che si base sempre sull’improvvisazione ma è collettiva e simultanea. Infine Cool jazz, che ha una struttura più ripetitiva e un suono più morbido.
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